Yves Berger

17 Ottobre 2014 / 27 Ottobre 2014

“Domenica. Mescolando colore a olio bianco. Perlopiù titanio. Guardando fuori dalla finestra: a confronto col bianco della neve la mia tinta sembra un bianco-panna. Giallognola… Non c’è un bianco simile alla neve. Da nessuna parte…La pittura è una scommessa stupida: o perdi o vinci…Guardare qualcosa è prendersene cura…Non dipingiamo con le nostre forze ma con le nostre debolezze…Sono alla ricerca di qualcosa che somigli a una casa per la forma umana. Un luogo…

La correlazione tra corpo e luogo è molto presente nella mia pittura. Per me il corpo che si estende o si prolunga nello spazio è tipico del lavoro dei contadini. I loro corpi marchiati e segnati dai carichi di lavoro li fanno somigliare ai luoghi in cui tali corvée si sono accumulate nel corso degli anni. Per esempio a Louis, il contadino presso il quale lavoro, è venuta la gobba a forza di curvarsi a mungere le mucche. Ebbene, se si disegna la curva della sua gobba si scopre non solo che la linea che si è tracciata si coniuga con quella del dorso delle vacche, ma anche che non è dissimile dal profilo delle montagne. Questi paralleli tra il corpo e lo spazio sono infiniti. Quel che li distingue sono i limiti.”

Yves Berger

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