22 Novembre 2000 / 30 Dicembre 2000
Figure, creature della natura, ma anche - come nelle imprese del Rinascimento -, dell’allusione e del simbolo:“ tigri & istrici & oche & camaleonti & giraffe; ciascuna ibrido di parola e di figura: istrice come inaccessibile, giraffa come sovrastare, il camaleonte metamorfico, la tigre fearful symmetry e ancora, pecore, lepri, tartarughe …
A questo bestiario dall’araldica un po’ sbilenca, fanno contrappunto trabicoli, carretti recanti doni, troni o navi su ruote, locomotive.
Come in certe immagini devozionali indostane o nell’iconografia dei trionfi che hanno sfilato per secoli nella pittura d’occidente prima di essere riposti nelle rimesse dell’oblio o sopravvivere nel triviale carnevalesco, ecco una solenne processione di virtù in disarmo, di intenzioni figurate, di insegne singolari.
Ciascuno di questi nuovi “trionfi” si rivolge ai sensi e all’intelletto chiedendo di essere decifrato: ciascuno con il suo piccolo alone di mistero che chiede udienza sul gran Theatro della Pittura”. (Stefano Faravelli)
Tempere, acquerelli, oli su carta e su tela che sorprendono non solo per i soggetti e per la tecnica, ma anche per la bellezza delle loro cornici, eseguite anche questa volta dal padre Sergio, ebanista e pittore. “Padre Faravelli” inoltre realizza con Stefano delle scatole di legno – boites magiques – anch’esse in mostra. Racchiudono architetture, situazioni, sogni, personaggi fantastici che si muovono al suono di carillon, “ … sono il meditato frutto di non futili percorsi: dall’ermetismo alla criptomeccanica, dalla mnemotecnica all’iconografia antiquaria. C’è poi l’invenzione architettonica, che fa meraviglia, perché custodisce e nasconde ciò che, appunto, vuol farsi scoprire. Tutte le mie scatole sono concepite per un ideale Wunderkammer, per un utopico Museo dell’Insolito…” (S. F.)