9 Marzo 2016 / 29 Marzo 2016
Si tratta di sculture che si riferiscono al nostro mondo mediterraneo. Un mondo di geometrie astratte, che si moltiplicano come visioni di Escher, pure e minimaliste come le architetture di Rudofsky; a volte eccessive e grandi come i gioielli del passato a testimoniare con il loro peso una dimensione architettonica e solida. Anelli che producono grandi ombre, come le pietre e così come le pietre vivono anche da sole, indipendentemente da noi.
Sergio Cappelli e Patrizia Ranzo.
Benché cavi all'interno, questi anelli di forte spessore sono visivamente massicci: grandi come certi gioielli del passato, hanno un loro forte peso specifico, sia pure metaforico. Anelli come memorie dei villaggi greci e spagnoli nelle immagini di Rudofsky: bianche nel sole, case sul mare che si aggrappano alle coste accavallandosi le une sulle altre con i loro cubi calcinati, i loro portici ombrosi, le ripide scale esterne, i camini conici, i candidi tetti a volta. Paesaggi netti, misteriosi, che dosano sapientemente ombre luci e aperture, così come gli studi di ceramica che li accompagnano. In questo nostro presente, considerato come l'età del Caos, la mostra sembra voler placare l'ansia crescente attraverso la ricerca di un nuovo ordine, capace di generare sicurezza.
Catalogo con testo di Isa Tutino.
Allestimento e concept di Maria Reitano
Grafica: Studio Iodice e Scalera